Durante l’Assemblea Diocesana di Azione Cattolica, lo scorso 12 Marzo, abbiamo potuto partecipare ad un “evento” dove era rappresentato tutto il tessuto laicale della diocesi di Volterra: i giovani con un’alta partecipazione insieme agli adulti di tutte le età hanno formato un nutrito gruppo di persone che si riconoscono nei valori cristiani e nello stile incarnati dall’Azione Cattolica.

L’incontro triennale, di per sé molto intenso e sentito in quanto occasione di rinnovo della cariche, è stato particolarmente ricco e carico di significato anche grazie alla presenza di Michele D’Avino, collaboratore de centro nazionale, Antonietta Gronchi, incaricata per il settore adulti regionale, e poi di Don Francesco Spinelli che ha dato un contributo notevole all’alto livello delle relazioni tenute. Non da meno è stato il Presidente Diocesano uscente, Pietro Paggetti. La sua presenza e attività sono state unanimemente riconosciute di grande spessore cristiano. 

Ritengo di dovermi associare completamente al relatore dell’Assemblea, Nicola Raspollini, quando lo ringrazia per il suo operato “eccezionalmente normale”, uno stile e una dedizione inconfondibili, ineffabili, difficili da definire a parole. Una presenza davvero degna di essere chiamata tale.

Tuttavia, nel suo ultimo discorso da Presidente, Pietro non ha risparmiato di mettere in luce una serie di aspetti evidentemente a lui cari ma che realmente riguardano la Chiesa tutta, non solo noi aderenti di Azione Cattolica, laici coinvolti fattivamente nella Chiesa di Cristo.

A partire dal titolo scelto dal Centro Nazionale di AC, “Fare nuove tutte le cose. Radicati nel futuro, custodi dell’essenziale”, subito viene fissato il centro della nostra fede “[…] Il vero rinnovamento parte da Cristo. Siamo in Lui radicati e a Lui rivolgiamo il nostro sguardo. In Lui è il nostro passato, in Lui il nostro futuro. L’Eucaristia è il fulcro e il cardine di ogni rinnovamento”. Questa affermazione, apparentemente lapalissiana per chi è abituato a sentire sermoni, non è da dare per scontata.

Nel toccare alcune delle debolezze più gravi dell’uomo contemporaneo ci si aggancia subito al Santo Padre Benedetto XVI e al suo predecessore San Giovanni Paolo II che ci mettevano in guardia dalla dittatura del relativismo, che vuole l’uomo incapace di verità. Nella tempesta di informazioni in cui siamo immersi rischiamo spesso di essere persuasi dell’esistenza di più verità: il primo punto che Pietro Paggetti ha messo in luce è che di verità oggettive ne esiste solo una, e anzi, noi conosciamo quella della “[…] persona vivente di Gesù Cristo, che ci ha rivelato la volontà di Dio e il suo progetto di salvezza.” (GPII, Ottobre 1982).

Uno dei pericoli più insidiosi di ogni uomo oggi è la paura della sofferenza: “si rifugge il sacrificio, si tende a superare ogni limite perché il limite è un freno alla libertà, si disprezza la fragilità”. Nello spiegare quali sono le fragilità che risultano più evidenti vengono nominate quelle rappresentate dai bambini, dagli anziani, dai malati, dai migranti, dai terremotati dimenticati. E’ un appello alle istituzioni, forte e chiaro, quello che deve salire deciso dal popolo dell’Azione Cattolica. Un appello inconfondibile alla giustizia, all’umanesimo cristiano di cui l’Europa è figlia. E’ proprio all’Unione Europea che deve essere rivolto questo appello, affinché sia un’Europa che scadendo oggi in un internazionalismo economico e finanziario, invece “riconosca le sue radici cristiane e che difenda, piuttosto che sopprimerle, le varie forme di fragilità come quella di un feto che ha diritto alla vita, o di un bambino che ha diritto ad un padre e una madre”.

 

Sono palesemente momenti cruciali quelli che stiamo vivendo. Ci è richiesto di fare delle scelte, ma soprattutto di essere pronti a farle. Il mondo ci fa rincorrere da notizie abominevoli una dopo l’altra e non ci lascia il tempo neanche di somatizzarle. Così che si possano edulcorare situazioni come quella del suicidio assistito, l’utero in affitto, la distruzione del fondamento della famiglia, la legittimazione di desideri egoistici eretti a diritti fondamentali, la normalizzazione e l’accettazione di pratiche che tutto sono meno che accettabili, per chi crede nella dignità dell’uomo data dalla sua natura divina, dall’essere creatura di Dio. Si vuol sofisticare la realtà e far prevalere “ciò che si vuole su ciò che si è. L’idea, vogliono farci intendere, ha il primato sull’essere. Ma Papa Francesco nella sua enciclica Evangelii Gaudium, afferma con chiarezza che ‘la realtà è superiore all’idea’, non il contrario”.

Continua molto chiaro Pietro, senza indugi e senza sconti a tutti noi. “Sono eventi, questi, che ci interpellano come cristiani e che in questo senso interpellano anche l’Azione Cattolica di Volterra che se non raccoglie le sfide di questo nostro tempo, se non si fa carico dell’oggi, diventa anacronistica e non interessa più a nessuno. Possiamo discutere quanto vogliamo sull’identità dell’aderente di azione cattolica, ma non saremo mai radicati nel futuro, perché non sappiamo custodire quell’essenziale che è Cristo e il vangelo nella quotidianità”.

E’ con un rimando diretto al Vangelo e al Magistero della Chiesa che l’Azione Cattolica può dare il suo contributo alla diocesi nell’essere di supporto a tutti i cristiani nell’affrontare questi temi cruciali. Da qui viene il suggerimento della costituzione di un gruppo di adulti corresponsabili del cammino di fede diocesano oltre alla coltivazione delle relazioni createsi in questo ultimo periodo in particolar modo. Questo per non cadere nella tentazione rappresentata dalla logica decostruttiva dell’indifferenza, quella logica che dà torpore, spossatezza, arrendevolezza di fronte a partecipazioni esigue alle iniziative e che fa cedere alle domande ‘ma che lo fai a fare?’ che creano appunto, indifferenza: quella è indifferenza verso l’uomo. Dobbiamo essere custodi dell’essenziale nonostante tutto.

Da qui discende anche l’appello agli adulti a cui raccomanda di essere guide che si convertano veramente. I giovani hanno bisogno di guide appassionate della verità, che la dicano ai giovani senza sconti. Una di queste raccomandazioni, usando le parole di Costanza Miriano, è che si butti via tutte le false certezze che avevamo prima di incontrare Cristo. Poiché quello è veramente un grosso affare su cui puntare tutto. In quanto i giovani, numerosi all’Assemblea Diocesana, sono soggetti assetati di verità. Ancora una volta, nel deserto in tempesta di informazioni e falsi idoli, l’incontro autentico con Cristo solamente può salvarli, e può salvarci. Un cristiano tiepido e timoroso non potrà mai essere una guida per un giovane. Un cristiano umile, in ascolto, in relazione col prossimo e sempre pronto al perdono e alla carità, ma forte e irremovibile sulle sue certezze è quello che può essere guida e speranza per i giovani. Cristo vero Uomo e vero Dio ha dato la sua vita per noi e ci fa giocare una scommessa già vinta: la nostra vita è già stata salvata dalla sua resurrezione che ha sconfitto la morte. Ma noi dobbiamo testimoniarlo ogni momento in questa vita, con lo stile e con le attenzioni che l’Azione Cattolica da sempre ha incarnato. Pietro fa banalmente l’esempio della preparazione di un incontro qualunque: tutto, dalle relazioni alla cartellina coi materiali fino alla disposizione delle sedie, tutto deve essere preparato con cura. Il cristiano è uno che spende le sue energie alla massima intensità in tutto. Per Cristo. A causa Sua.

Questo perché è evidente che l’unica chiave per rilanciare la nostra associazione è riappropriarsi di queste caratteristiche. Ricostruire e ridare sacralità alle azioni e alle relazioni diventa parte fondante di quell’essenziale da custodire. Al giovane così come all’adulto non serve e non può sentirsi attratto da attività vuote. Dobbiamo riavvicinarci al sacro. Il tempo che ci è dato di vivere è frenetico e il tempo ci manca sempre di più. Ma come ci insegna Papa Francesco ‘Il tempo è superiore allo spazio ‘ (EG. 222 e seg.), come a dire che conta molto la qualità di quel che facciamo, non la quantità. Allora riempiamo di nuovo di sacro, del cuore della nostra fede, riempiamo di nuovo di Cristo le nostre attività, proponiamo iniziative di fede, rendiamo sacre le nostre proposte. Non simbolicamente ma sostanzialmente. Abbiamo bisogno del contatto carnale con Gesù, di assistere silenziosi all’esposizione del Santissimo, adoranti, abbiamo bisogno di accostarci all’Eucaristia investiti di grazia, ossia investiti dell’umiltà penitenziale del sacramento della riconciliazione. Solo dopo saremo in grado di chiedere la partecipazione ad un gruppo parrocchiale o ad un camposcuola come un servizio vocazionale, come un’attività che non può essere delegata a chiunque, come qualcosa di immensamente prezioso. Solo quando avremo praticato la Carità verso noi stessi, potremo stimolare la vocazione di altri. E la nostra.

Nella parte finale della sua relazione Pietro si sofferma molto sul ruolo dei sacerdoti. Li definisce dono inestimabile. In particolare quelli di Volterra. La “bella storia, fatta di volti, situazioni, momenti e di tanta passione per l’AC e amore per la Chiesa di Cristo” è senza dubbio anche frutto del loro contributo. All’Azione Cattolica piace molto sottolineare che è un’associazione fatta di laici, ma è notoriamente anche un’associazione innamorata dei parroci. Non solo dei preti, ma dei parroci. In quanto il tessuto ordinario, ossia dove il cristiano ogni momento vive, è la parrocchia. Allora diventa inevitabile la simbiosi che l’AC vive con i sacerdoti: solamente il loro supporto e la loro guida spirituale può dare tutta questa forza e questa spinta ad un gruppo di laici che ha l’ardire di chiamarsi Chiesa.

E in questi 150 anni di storia credo che i risultati si vedano: come tutte le storie si hanno picchi particolarmente felici e prosperi e momenti più aridi e duri.

Ho visto un’associazione inaspettatamente più compatta e salda rispetto a quella degli anni passati. Vuoi il clima di trasformazione e di intensa attività, vuoi il richiamo che lo Spirito Santo sempre opera nei nostri cuori, ho trovato una Diocesi di Volterra ben più foriera di speranza di quel che avrei potuto aspettarmi. Ritengo di dover sottolineare la necessità di rendere coesa la nostra comunità cristiana, specialmente in Italia: siamo un popolo che con facilità scade nel campanilismo bieco e becero. Una visione più diocesana della nostra vita di fede è certamente un tassello fondamentale su cui poggiare i nostri passi e le nostre future decisioni. Solo una comunità ben unita, non solo unitaria, davvero unita sotto quei valori salvifici che Cristo ci ha donato sacrificandosi sulla croce, può far fronte al tempo che ci è dato vivere.

Sono personalmente grato a Pietro in quanto abbiamo condiviso e condividiamo il cammino di cristiani, con tutte le difficoltà e le grazie del caso. Come lui e come credo tutti i cristiani, sono molto devoto alla Madonna. Per questo “vogliamo affidare al Cuore Immacolato di Maria questi giorni e le nostre speranze, come ha richiesto all’umanità intera a Fatima esattamente cento anni fa. AffidiamoLe le nostre fatiche, le delusioni, gli insuccessi, le gioie, le conquiste. AffidiamoLe il chicco della nostra vita, della nostra fede, ricordandoci che viviamo in una Chiesa bella anche in un periodo in cui c’è poco da vedere, da raccontare o da vivere, perché è abitata da Cristo”.

Pietro ha voluto ringraziare tutti coloro che hanno contribuito alla realizzazione dell’assemblea e del cammino diocesano degli ultimi anni, gli ospiti illustri, i sacerdoti, gli ex presidenti diocesani (a cui è stata consegnata una targa di ringraziamento), le associazioni presenti, L’Araldo di Volterra, gli insegnanti di religione e tutti gli aderenti che hanno contribuito con articoli e lavori vari, gli assistenti e infine ai suoi familiari: coloro che lo hanno supportato e sopportato, sostenuto e incoraggiato, in particolare Andrea, Matteo, il nascituro Giorgio, “ma soprattutto Chiara che ha davvero condiviso la presidenza con me. Mi è stata accanto sempre con pacatezza e dolcezza, paziente e premurosa verso me e verso i nostri figli laddove io, per tempo, impegni o per stanchezza, difettavo un po’. Una presidenza, la sua, silenziosa e nascosta ma, vi garantisco, altrettanto importante, forse anche di più, se si pensa che la serenità familiare, soprattutto dei figli, è alla base di ogni altri slancio di generosità che si possa dare”.

Voglio concludere con le parole esatte dell’ex-presidente Pietro Paggetti. Ma con la sua precisazione: “ex” non con il significato di “non più”, bensì nella sua accezione latina “proveniente da”, che deriva e fonda la sua esistenza su… l’Azione Cattolica. Infatti “chi termina un mandato, un incarico di responsabilità, qualunque esso sia, non è un ‘pensionato’ in AC, ma continua a voler bene all’Associazione anche quando si fanno nuove scelte e si intraprendono nuove vie secondo le strade che il Signore traccia di volta in volta per ciascuno di noi e al quale dobbiamo avere il coraggio di rispondere come Maria: “Eccomi! Sono la serva del Signore, sia fatto di me secondo la tua Parola”. 

Riccardo Dimida – Parrocchia di Pomarance

 

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